Necessità e valore di un impegno formativo
Lucia Balduzzi
Questo numero di Infanzia presenta una attenta riflessione sul tema della psicomotricità sviluppata da più punti vista: degli psicomotricisti, di insegnanti ed educatori nei servizi per l’infanzia, tutor di percorsi di formazione, esperti del settore ed insegnanti. In questo contesto, ricco di suggestioni psico-pedagogiche ed educative, vorrei inserire anche la voce di chi, più sul piano istituzionale, cerca di sostenere ed implementare la riflessione di accademici e professionisti sui temi della psicomotricità preventiva ed educativa e, più in generale, della comunicazione corporea.
Chi scrive in questo momento indossa due giacche: quella di vicedirettore della rivista Infanzia e di direttore del Master in Comunicazione Corporea in Educazione e Strategie Psicomotorie dell’Università degli Studi di Bologna, onori e oneri che condivido con l’amico Roberto Farné che vorrei anche in questa sede ringraziare per il sostegno e la fiducia che ha sempre riservato al mio lavoro. La continuità, ma anche e soprattutto la contiguità, che caratterizza il lavoro svolto in questi anni da Roberto e, spero, anche da me si muove su alcune premesse valoriali che hanno caratterizzato sia la dimensione dello studio, della ricerca e della documentazione (che trovano nella rivista Infanzia la loro realizzazione) sia quella della formazione che si concretizza, tra le altre attività, nel grande investimento di energie e risorse sul Master di cui Roberto ed io siamo stati direttori, nelle sue differenti strutturazioni. Sul Master in Psicomotricità Educativa e Preventiva si è già riflettuto nella prima parte di questo editoriale, sarà mia cura cercare di ripercorrere le ragioni del cambiamento e la proposta di un nuovo percorso curricolare.
La prima premessa è rappresentata dalla centralità che, nella proposta e nel processo educativo, ha e deve avere il bambino (la bambina, il bambino). Non la società, non la famiglia, non l’educatore o l’insegnante possono rappresentare il vertice, il punto zero, il centro della progettazione in campo educativo; questa parte muove dal bambino che, ontologicamente, ne rappresenta allo stesso tempo, il soggetto primo e ultimo. Parliamo di un bambino competente, attivo, soggetto intenzionale anche sul piano comunicativo e, soprattutto nei primi anni della sua vita, un bambino intimamente psicomotorio. Da questo assunto appare chiara, sul piano della necessità pedagogica, la centralità del riconoscimento di alcuni aspetti del fare in educazione che debbono non solo essere studiati ed approfonditi ma anche messi a disposizione di tutti coloro i quali operano nei servizi e nelle scuole dell’infanzia attraverso percorsi di formazione ad hoc nei curricula universitari. L’impegno e l’investimento nei corsi di Laurea afferenti all’allora Facoltà di Scienze della Formazione, oggi scuola di Psicologia e Scienze dell’Educazione, si sono concretizzati in alcuni insegnamenti nei corsi di Laurea in Educatore nei servizi per l’infanzia e Scienze della Formazione Primaria (mi riferisco ai corsi tenuti da Roberto Farné, Paola Manuzzi, Alessandro Bortolotti e da me) nei quali si è cercato di connettere la pedagogia del corpo con le metodologie del gioco e dell’attività motoria, così come con la pedagogia speciale, ma soprattutto nella progettazione del Master in Psicomotricità Educativa e Preventiva, che si è ripetuto per ben tre edizioni. Il Master ha rappresentato un luogo, e questo numero monografico ne è un chiara evidenza, nel quale la riflessione teorica si è andata via via ad intrecciare sia alle dimensioni pragmatiche e attuative dell’esperienza educativa sia a quella della formazione di professionisti che, pur non essendo psicomotrici a tutti gli effetti, facevano dello sguardo e degli strumenti psicomotori gli attrezzi culturali ed operativi che avrebbero caratterizzato il loro agire quotidiano con i bambini, ma non solo. I corsisti del Master ci hanno aiutati, e vorrei ringraziarli tutti per questo, ad identificare via via una domanda di formazione nuova e più organica alla quale era necessario rispondere con una altrettanto nuova proposta formativa: per offrire risposte a tutti gli educatori impegnati non solo con l’infanzia, ma anche con adolescenti, adulti ed anziani e per uscire dall’ambiguità di una professionalità che non si riconosceva a pieno titolo con quello dello psicomotricista in ambito educativo e preventivo.
Il Comitato Scientifico del Master, grazie al sostegno e al confronto con tutto il corpo docente, ha elaborato la proposta che si è concretizzata nel Master in Comunicazione Corporea e Strategie Psicomotorie, che ha come obiettivo quello di formare figure professionali esperte nei linguaggi della espressività corporea e nell’uso di strategie psicomotorie in un ampio ventaglio di ambiti educativi. I professionisti che si formano si connotano, pertanto, per le loro competenze nella progettazione e nella realizzazione di programmi di intervento volti all’ampliamento delle opportunità espressive, comunicative, psicomotorie e relazionali di una pluralità di soggetti – dalla prima infanzia all’età adulta. Il punto di forza del Master è quello di puntare alla professionalizzazione di figure professionali esperte nei linguaggi della espressività corporea e nell’uso di strategie psicomotorie in diversi ambiti educativi, dalla prima infanzia all’età adulta, coniugando competenze di progettazione a quelle più connesse alla realizzazione di programmi di intervento volti all’ampliamento delle opportunità espressive, comunicative, psicomotorie e relazionali di una pluralità di soggetti.
Sul piano didattico, siamo partiti dall’esperienza maturata con le edizioni precedenti, che avevano confermato l’importanza dell’articolazione formativa in tre aree di approfondimento: d’aula, laboratoriale di formazione personale a mediazione corporea, di tirocinio, tutte volte a sottolineare i nessi esistenti tra corpo, mente, emozioni e conoscenze, contesti e significati, individuo e gruppo. La formazione in aula prospetta i contenuti (relativi alle culture del corpo, alla pedagogia del corpo e della comunicazione, all’osservazione dell’espressività corporea e alla progettazione educativa, comprendendo un ventaglio formativo che va dalla psicomotricità educativa alle pratiche narrative e all’outdoor education) e li contestualizza, tenendo conto delle competenze pregresse dei corsisti e degli esiti formativi. È costituita da lezioni frontali, seminari, momenti interattivi, che offrono conoscenze relative alle basi teoriche, metodologiche, operative e alle linee evolutive della psicomotricità e a discipline cui essa attinge e fa riferimento. La prospettiva psicomotoria fornisce il riferimento culturale e metodologico, puntando sulla trasferibilità degli strumenti pedagogici ed educativi acquisiti e all’attenzione al piano della relazione corporea e delle sue valenze in campo educativo. La competenza comunicativa, intesa come capacità di ascolto e riconoscimento dei messaggi non verbali, di espressione del vissuto emotivo della relazione trova spazio di approfondimento e potenziamento nell’espressione teatrale, nella narrazione, nel gioco e nell’educazione all’aria aperta.
Una scommessa culturalmente molto significativa è data alla rilevanza attribuita ai laboratori di formazione personale, cui è destinato un significativo monte ore; essi sono finalizzati allo sviluppo di capacità empatiche e di distanziazione, alla consapevolezza delle proprie risonanze tonico-emozionali nella relazione educativa e delle dinamiche relazionali all’interno del gruppo, per una progressiva acquisizione di competenze sul piano dell’essere, del sapere e del saper fare, in una dimensione di sospensione di giudizio di valore. Il complesso di tali esperienze consentono la scoperta della grammatica psicomotoria di base, così come della narrazione, della rappresentazione teatrale, del gioco e forma: tutte competenze che riteniamo fondamentali per la formazione di una professionalità ricca e piena, sul piano professionale ma anche umano.
Il fatto che il Master sia un percorso inserito nell’offerta formativa dell’Università degli Studi di Bologna ci obbliga a ‘buttare il cuore’ più lontano, oltre l’ostacolo: ci porta a scommettere su una proposta culturale che vuole incidere sui servizi educativi (per l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta, la vecchiaia) che riporti al centro di una riflessione rigorosa e scientifica e di una progettazione attenta una cultura educativa centrata sull’ascolto e sul rispetto dell’altro, su una comunicazione attenta ed autentica, che non può non ascoltare tutte le voci del corpo che siamo, e che siamo capaci di esprimere, i 100 linguaggi che ci piacerebbe continuare ad attribuire a tutti, non solo ai bambini.
Una scommessa culturale che, leggendo le pagine di questo numero monografico, sta andando nella direzione del vento.