Sul “prendersi cura”: breve storia di telecamere e di un autista di bus

 

Lucia Balduzzi

 

Gianni Rodari, nella sua Grammatica della fantasia, descrive una tecnica “per mettere in movimento parole e immagini” chiamata ‘binomio fantastico’ che egli mutua dai surrealisti francesi. La tecnica, apparentemente molto semplice, richiede di accostare due parole in maniera casuale, che vengono accoppiate in un binomio e che funzionano come un dispositivo per far scattare nella mente di ognuno una gamma di relazioni che possono far nascere una storia. Le parole che si sono accostate nella mia mente e con cui ho immaginato un particolare binomio, non richiamano oggetti ma eventi che mi sono accaduti recentemente: una riunione di condominio ed un viaggio in autobus.

Prima immagine: la riunione di condominio. Sono infatti reduce da una riunione di condominio, una esperienza di vita che credo di condividere con molti lettori di Infanzia. Alla riunione partecipano tutti i condomini dell’agglomerato in cui abito, che mette insieme tre palazzi di sei piani ciascuno, per un totale di circa 70 famiglie ed alcuni negozi.

All’ordine del giorno vi è anche l’istallazione di un certo numero di telecamere, che dovrebbero coprire gli accessi al palazzo, ai garage ed ai negozi. L’esigenza viene presentata da un gruppo di condomini che non si sentono più sicuri nelle loro case poiché, negli ultimi anni, si sono verificati alcuni (in realtà pochissimi) casi di furto, soprattutto nei garage. Nelle sedute precedenti, sempre per lo stesso problema, erano stati chiusi tutti gli accessi all’agglomerato, che vede le entrate affacciarsi su un piccolo spazio verde ed una ristretta area destinata a parcheggio.

Nel giro di un anno abbiamo chiuso i cancelli ad uno ad uno ed ora, grazie alla scelta della maggioranza, avremo anche attiva la videosorveglianza 24h su 24. E mentre in sede condominiale si discute vivacemente e si delibera di innalzare barriere e posizionare occhi fissi sempre ben aperti, lo stato dell’immobile richiederebbe molti interventi di manutenzione che vengono invece ogni volta procrastinati.

Seconda immagine: viaggio in autobus. Convegno ad Otranto; per raggiungere la meta, dopo essere atterrata a Brindisi, prendo un primo autobus per Lecce e poi un secondo che collega Lecce a Otranto. Sull’autobus salgono diversi turisti, anche stranieri, ed alcuni ambulanti che ripetutamente chiedono informazioni all’autista rispetto alle fermate giuste per raggiungere quella o questa località balneare. Lui risponde cortesemente e con pazienza a tutte le richieste, cercando anche di comprendere parole in lingue sconosciute ai più. Ad una fermata ferma il mezzo e scende, solo una manciata di secondi, per riposizionare il cartello degli orari che si era spostato rendendone difficile la lettura.

Le immagini, in questo binomio fantastico, costruiscono una piccola storia specchio dei tempi ed anche una metafora di ciò che avviene oggi nei servizi per l’infanzia. La paura, spesso immotivata o comunque sollevata più da fantasmi immaginari che da problemi reali, spinge ad aumentare inutili controlli, spostando risorse su capitoli di spesa che nulla hanno a che fare con la qualità dei servizi e che rischiano piuttosto di ledere quei rapporti di fiducia e solidarietà, che a scuola come fra vicini di casa, dovrebbero caratterizzare la nostra quotidianità. E un gentile autista della linea 101 ci insegna con inconsapevole naturalezza che sono sufficienti piccoli gesti, come osservare un cartello orario fuori posto e prendersi il disturbo di raddrizzarlo, per essere parte di una comunità e curarsene, lontani da occhi giudicanti.

 

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Infanzia, n. 3 luglio-settembre 2019

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